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"Poche parole si prestano, come "spazio", a tanta ampiezza di significato, fino a funzionare, nel linguaggio corrente, da sinonimo dell'intera realtà, di tutto ciò che esiste fuori e dentro di noi. Nella seconda metà del Settecento, Kant (1910, p. 67) scrisse: « lo spazio è la forma di tutti i fenomeni del senso esterno, cioè la condizione soggettiva della sensibilità ». Ecco perché oggi si parla anche di "spazio interiore". Ma, come spiegava Wittgenstein (1975, p. 31), « nel nostro linguaggio si è depositata un'intera mitologia ». Dire semplicemente che lo spazio funziona come una potente metafora sposta il problema ma non lo risolve affatto, perché tutto il nostro sistema di pensiero, e perciò d'azione, è fondamentalmente metaforico (Lakoff e Johnson 1982, pp. 19-20, 259). È con tale avvertenza che bisogna applicare al mito spaziale il lavoro del concetto, alla fine del quale lo spazio risulterà essere, almeno per l'epoca moderna, quella che Bateson chiamava la « struttura che connette », vale a dire il logos: che per l'appunto non è il Verbo, la parola, il linguaggio, come da tanto tempo si ritiene, e nemmeno il numero, come molto più recentemente si è sostenuto (Zellini 2010)."