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PCome risulta evidente dalla pratica clinica e riabilitativa, il bambino disprattico non sa prevedere ed organizzare un progetto d'azione; non sa controllare cio' che sta facendo nel corso dell'azione; quindi non sa fare, ma potremmo anche ammettere che non sa ancora fare, non ha cio� ancora imparato a realizzare funzioni./P PFunzioni e azioni possono pero' essere rispettivamente apprese e svolte con l'aiuto di esercizi mirati e svolti in modo continuativo. E' comunque indispensabile ricordare le difficolt� del bambino disprattico, se sottoposto a compiti nuovi, inusuali. L'Autrice propone un modello di valutazione e di intervento che tenga conto di ipotesi eziologiche e neuropsicologiche, sottolineando la necessit� di procedere con un'analisi su diversi livelli: percettivo, motorio e rappresentativo. /P PParticolare importanza viene data alla diagnosi e all'intervento precoce per poter provvedere alla definizione e messa in atto di adeguati progetti terapeutici./P PL'opera si conclude con l'analisi e la descrizione di casi clinici riferiti ad alcune peculiari forme di disprassia: la disprassia verbale e la disgrafia. Infine, vengono illustrati esercizi mirati rispetto ai vari ambiti dello sviluppo, ideati e sperimentati dai logopedisti che hanno contribuito, insieme all'Autrice, alla stesura del presente volume./P