Esitare, incespicare sulle proprie parole, riprenderle e ricominciare. Dire una parola per un'altra, interrompersi e tacere, oppure correggersi, riavviare... > Lire la suite
Esitare, incespicare sulle proprie parole, riprenderle e ricominciare. Dire una parola per un'altra, interrompersi e tacere, oppure correggersi, riavviare il discorso e bloccarsi all'intoppo successivo. Parlare è faticoso: è colmare lacune che affiorano nell'esercizio quotidiano del gesto verbale. Eppure si parla, anche fluentemente. E parlare è sentirsi parlare: magari « si può non farci attenzione, ma è certo che si ode il suono delle proprie parole ». Così affermava Lacan, e con Lacantutti gli autori che si sono misurati con quest'aspetto dell'attività di linguaggio. Diversi per tradizione e sensibilità, studiosi di enunciazione, psicoanalisti e scienziati cognitivi hanno identificato la presenza di una « funzione muta del linguaggio » nella figura stessa del parlante. Da taluni chiamata « auto-ricezione », da altri « auto-ascolto » o « intesa silenziosa », questa funzione è sincronicamente operante nelgesto verbale, è il rimedio provvisorio che il parlare procaccia alleproprie lacune: se vi è un margine di ripresa in ciò che fa buco neldiscorso, lo si deve alla funzione muta del linguaggio.